(Il) Papa, tedesco Garanzie costituzionali solo a Palazzo Madama di Luca Ferrini Il re, anzi il Papa, è nudo. Questa è la macabra gioia dello spettatore superficiale. L’arresto, la gogna, la passione di un potente generano sempre una lubrica soddisfazione negli occhi di chi ama la politica da buco della serratura. "La cosa più difficile" – ha detto l’on. Alfonso Papa prima di consegnarsi al carcere – "è stato spiegare ai miei figli, 10 e 12 anni, perché non potevo più tornare a casa". Comprensibile. Toccante. D’altronde, come si può spiegare una privazione di libertà inutile e tardiva? Il g.i.p. di Napoli dispone la custodia cautelare. Le motivazioni possono essere, da codice, solo tre: l’inquinamento delle prove; il pericolo di fuga; il pericolo di ulteriore commissione di reati. Se voleva fuggire, l’aveva già fatto. I correi sono tutti in vinculis, impossibile la reiterazione. In quasi due mesi di sospensione della misura, se voleva, le prove le faceva sparire. Tutte quante. E dunque: perché va in carcere? Non perché va in carcere il parlamentare Alfonso Papa. Perché va in carcere l’uomo, il padre, Alfonso Papa? Davvero improba la spiegazione ad un bimbo di dieci anni. Figuriamoci ad un adulto. Siamo, o dovremmo essere, tutti presunti innocenti. Non sussistono esigenze preventive (o, perlomeno, non esistono più, oggi). E allora perché l’on. Papa non può difendersi da uomo libero, davanti ad un giudice terzo ed imparziale, in una pubblica udienza? Affrontare un processo a piede libero è una cosa; con le manette ai polsi, è tutt’altra. E non è una questione di casta o non casta: è una questione di civiltà giuridica. E nella culla del diritto, nella Patria di Cesare Beccaria, non possiamo mantenere un riflesso condizionato di gioia al tintinnio delle manette. Parlamentare, operaio, docente o marito che sia l’incriminato. Il Presidente del Consiglio ha evocato lo spettro del 1992. Personalmente ho pensato ai suicidi in carcere. All’80% delle assoluzioni con formula piena dopo lo spargimento di sangue. Poi ho pensato al capro espiatorio. E ho pensato che, per il capro, l’agonia è finita. Per chi lo immola, invece, è appena cominciata. C’è qualcosa di stonato, in questa faccenda. E non è solo la miopia rispetto agli effetti a cascata dell’arresto di un membro del Parlamento. Ma anche la colpevole incoscienza di chi, come i compagni del PD, hanno voluto trasformare un dramma personale in una vittoria politica. Magari con la faccia di bronzo di Franceschini, per il quale l’unica preoccupazione era quella di scovare uno stratagemma per rendere il voto segreto leggibile. Che il Signore, in cui ferventemente crede, gli risparmi sempre una prova simile a quella di Papa. Dalla parte di qua, un Bossi che da giorni grida: "in galera!", mi ha fatto sorgere due interrogativi. Il primo: avrà letto almeno l’intestazione dell’ordinanza cautelare del giudice emessa contro l’on. Papa, prima di gridare? Il secondo, la cui risposta, temo, sarebbe davvero terrificante: ma se l’on. Papa anziché parlare con marcato accento napoletano, si fosse difeso nell’idioma della Val Brembana, sarebbe divenuto prigioniero politico come i veneti sul campanile di San Marco? Siamo a questi livelli. Né più né meno. Fino a un paio di mesi fa, la maggioranza degli italiani pensava di avere un Papa Tedesco solo in Vaticano. Oggi sappiamo che anche due parlamentari portano quei cognomi. Ma il Papa va in carcere. Il Tedesco, no. Come è possibile? A Montecitorio non esiste il fumus persecutionis e a Palazzo Madama sì? Magari fosse questa la ragione. La verità è che abbiamo assistito all’abdicazione inconsapevole di un potere dello Stato a favore di un altro. Gli avversari della casta banchetteranno sulle ceneri dell’intelligenza di un Parlamento di ciechi. E avranno ragione. Bene ha fatto, perciò, la sen. Sbarbati a non votare l’arresto di Tedesco. Come altrettanto bene ha fatto il Segretario del PRI a votare contro l’arresto di Papa. I detrattori dicono che il PRI è diviso e non ha una linea politica riconoscibile. Può essere. Ma sulle questioni fondamentali il timone è saldo. Anche se qualche marinaio, oggi seduto troppo distante, non ha scorto i pericoli di un fondale troppo basso. Speriamo riapra presto gli occhi. Anche perché, non dimentichiamoci: morto un Papa, ne arriva sempre un altro. |